Dopo aver firmato per diversi anni la rubrica La commedia del Gol sulle pagine sportiva del Gazzettino, Paolo Patui ripropone il suo sguardo divertente e ironico sul mondo del calcio e dello sport con Vista in TV.
Vista in tv è la rubrica firmata fin dal 2015 da Paolo Patui per il Messaggero Veneto che “sgarfa” tra le immagini e commenti del piccolo schermo alla ricerca di improbabili e sorprendenti topiche televisive, ma anche di altrettante arguzie con cui i mezzi mass mediali commentano le avventure dell’Udinese. Si trasforma alla fine del 2018 in Quattro amici al VAR, in cui si spazia sugli avvenimenti sportivi settimanali che riguardo atleti, squadre e attività sportive della nostra regione.
Francesca e Giorgia mister per parlare di calcio col sorriso
Dal Messaggero Veneto del 10/01/2019
Il taciturno non sa se togliere gli addobbi natalizi al poster della GSA: spegnere le luci dopo aver bruciato sul “pignarûl” la Treviso monoamericana non porta bene. Così dopo un po’ di indecisione decide di concedere fiducia Cortese alla Penna che scriverà il futuro prossimo della GSA. Tigri al Carnera o tigri di carta? Già domenica si vedrà. A proposito di “pignarûl” -chiedo all’anziano – cosa ti ha portato la befana? “Poca roba! Avrà pensato che di questi tempi è meglio non spendere, né spandere”. “Parli come un dirigente bianconero”, sbuffa quello del bar. Il taciturno non riesce a trattenersi: “Opoku spendi, Okaka prendi.” “Sempre a criticare: non volevate un centravanti di peso?” Sì, ma non troppo, speriamo! E poi sarà di peso, ma di certo non hanno speso! Poi ci accorgiamo stupiti che quello del cruciverba è senza cruciverba e armeggia felice su una lavagnetta d’altri tempi. “Cosa stai facendo?”, curiosa l’anziano. “Di questi tempi impazzano le top undici: voglio fare quella dei nostri migliori undici commentatori calcistici” Chiedo come mai Micalich portiere! “Non era male nemmeno Max Moras, ma Micalich da solo riempie tutta la porta”. Terzino? “Gomirato a destra perché tignosi come lui non ce n’è e a sinistra ovviamente Adriano Fedele.” Che non sarebbe male nemmeno come centravanti di sfondamento: quando parla rompe ogni barriera. Lunedì a Udinews malignava che forse i nuovi acquisti non sono meglio dei vecchi, inventandosi uno strano accento: “non vorrei che complìchino i rapporti.” Stopper e libero come ai vecchi tempi? “Certo! Pizzul nel suo ruolo storico, Gianluca Lena libero alla Baresi, vista la geometria euclidea dei suoi ragionamenti”. Centrocampo? Radina che è più rude di Berhami e al suo fianco Giacomini a fare lanci eleganti come il suo eloquio”. Fascia destra? “Campazzo che è leggero come una libellula! Meglio lui di Ferrari che in questa stagione soffre troppo il freddo; a sinistra Matrecano. Con la sua flemma fa da contraltare al furore di Fedele”. Davanti? “L’insuperabile fantasista Causio che mette la palla dentro per l’acuto Francioni che s’infila nelle difese come un ago da vero mago del gol”. Allenatore? Se la giocano Spangaro e Bortolossi: se riescono a parlare di calcio sorridendo, mentre certi tifosi insultano e picchiano, potrebbero essere loro la salvezza del calcio. Infervorati nell’imbastire la formazione non ci siamo accorti dell’arrivo di Tavian, che offeso per non essere tra i titolari, tavianeggia: “Con quella formazione lì non andate da nessuna parte”. E tutti tiriamo un sospiro di sollievo.
Di Paolo Patui
Da istinto bianconero a bianconero stinto il passo è breve
Dal Messaggero Veneto del 14/08/2018
“Novità?”, chiedo ai miei quattro amici al bar. Quello immerso nei cruciverba nemmeno risponde, ma gli altri due invece: “VARda che roba!”, mi dicono indicando il giornale dove si dà notizia che il VAR ormai si vedrà anche sui maxi schermi degli stadi. Ovviamente solo in alcune occasioni e ovviamente solo dopo che il direttore di gara avrà deciso in “saecula saecolurom amen”. In questi tempi in cui moviole e contromoviole smascherano in TV e in diretta una simulazione o un contrasto falloso, alla peggio i telespettatori dai loro salotti lanciano insulti, invettive e qualche blasfemità in stile Adriano Fedele. Poca roba: accenti d’ira, parole alte e fioche che vorticano nell’aria e lì si fermano. “Tre orizzontale: arbitro che più in basso non si può”, dice quello del cruciverba. Abisso, rispondiamo. Ecco: metti che Abisso dia un rigore e che il VAR sul maxi schermo lo smentisca, che succede sugli spalti? Non è che questa trasparenza da stadio rischi di accendere micce pericolose? “Quattro verticale: non lo vuole più nessuno.” Danilo, suggeriamo. Danilo qua, Danilo là, dopo sette campionati davvero Larangeria se ne va? Era il capitano della banda del buco e quindi lode a Pradè ci verrebbe da dire a me e agli altri tre, non avesse appena soffiato il Benevento. E allora: Pradè ci fa o ci è? Uffa qua si parla solo di calcio. E che ci vuoi fare? Persino agli Europei di atletica l’intervistatore RAI chiede alla nostra medaglia di bronzo nei 10.000: “Crippa, che partita è stata?” Già, gli Europei di atletica e la triste Trost, la stella cadente, l’angelo caduto in volo; era una ragazza prodigio Alessia alta, flessuosa, piena di slanci. Poi il suo gesto atletico si è fatto incerto e pesante. Allenamenti sbagliati? Allenatori inadatti? Se Alessia si fosse rivista al VAR, avrebbe capito che la sua è la pesantezza interiore di una ragazza che ha perso il sorriso e la grinta. Tutta un’altra cosa rispetto al tremendo Gustavo Giagnoni. Allenò a Udine per un lampo di tempo dimenticato, mise KO il Barone con un pugno da cui chissà se nacque una carezza. Giagnoni se ne va, ma il calcio resta vivo, anche grazie alla commovente passione che raduna mille persone per un’incredibile finale di Coppa Carnia. E adesso che il campionato ricomincia avete mica capito come si fa a vedere le partite in TV? Meglio non guadarle, dicono i miei amici. “Quaranta in giù: sostantivo per campagna abbonamenti bianconera.” Istinto. Sbagliato, c’è una lettera in più. Stinto! Non ci toccherà mica un altro campionato stinto bianconero?
Di Paolo Patui
Si viene e si va, lo sappiamo ma non a trentuno anni
Dal Messaggero Veneto del 05/03/2018
Sì certo, Liga, hai ragione e lo sappiamo bene: “si viene si va”. Ma c’è modo e modo di andarsene. E soprattutto c’è un tempo giusto e uno troppo crudele per partire. Da tutto e da tutti. Da un campo di calcio, dal sorriso della propria figlia, dalla voglia di ridere e persino di litigare con amici e compagni di squadra. C’è una colazione che ti aspetta giù nella sala dell’albergo, Davide, perché non ci vai? E’ fatta di cose piccole, quotidiane: l’odore buono del caffè, la crostata tiepida, gli amici che scherzano. E poi lo sai ben che, da solo in un angolo, c’è il compagno triste, quello che non giocherà nemmeno oggi, svogliato e rabbuiato. Se non ci vai tu, che sei il capitano, a dargli una pacca sulla spalla, a dirgli la parola giusta, chi vuoi che ci vada? Dai, non far finta di niente che c’è il mister che aspetta di incrociare il tuo sguardo per capire l’umore della squadra intera. Si gioca oggi, Davide, in uno stadio bello e giovane come te, pieno di gente che ancora si ricorda di Piermario Morosini, così come da oggi si ricorderà di te: Davide Astori, un capitano, c’è solo un capitano. C’era. Perché al tuo tavolo stamattina, a colazione, c’era un posto vuoto e mentre tutti si chiedevano dove tu fossi finito, tu avevi già finito di vivere. Adesso sei lì in cima a qualcosa che guardi il mondo e le sue piccolezze e tutto ti pare futile: le preoccupazioni calcistiche del mister, il fastidio del compagno triste che non giocherà e tutti quei telefonini a filmare, come se servisse a qualcosa, l’albergo dove ti sei addormentato. Che valore ha tutto ciò dinanzi agli infinti spazi e sovrumani silenzi che ora senti e avverti? Robe da uomini, dirai con un sorriso a metà tra il divertito e il nostalgico. Perché un po’ di quelle piccole cose quotidiane ti mancheranno. Come ti mancherà la telefonata che dovevi fare stamattina a casa tua per dare il buongiorno (e che giorno!) alla tua compagna e per salutare la voce felice e tenera di Vittoria, due anni e una vita senza padre davanti a sé. E non far finta di nulla: ti mancheranno un po’ anche le urla del mister e il fischiare isterico dell’arbitro. E magari, prima di andartene, a averlo saputo, avresti chiesto di poter sentire ancora per una volta il cuore scoppiare in petto per la felicità di segnare un gol. Perché non si è mai pronti per partire. Si viene e si va lo sappiamo, ma non a 31 anni. Ma almeno tu hai avuto la gran fortuna di andartene sognando una partita di calcio con i suoi colpi secchi, l’odore dell’erba, la voglia di correre e di staccare i piedi da terra per colpire, alto, di testa. Mentre sognavi non ti sei accorto che i piedi da terra li stavi staccando davvero. Adesso per te tutto è leggero. Rimane e rimarrà la pesantezza della tua assenza tra i tuoi compagni e tra tutti noi. Si viene e si va, ma non così giovani, traditi dal cuore mentre si è nel cuore della vita.
Di Paolo Patui