Giovanili velleità datate anni settanta parevano delineare un futuro da cantautore. Ma non avevo né il talento, né le competenze necessarie. Molte di più erano quelle nelle mani e nel cuore di Fabrizio Fabris. Poi si sa, la vita prende percorsi particolari e diversi.
Finisce però che un giorno mette di nuovo vicino anime e sensibilità, vecchie e nuove canzoni. Non sono tutte da buttare. Alcune paiono funzionare, ma soprattutto racchiudere idee, sentimenti, emozioni.
Affidate agli arrangiamenti di Glauco Venier si trasformano in piccoli gioielli che finiscono tra solchi di Tracce (2007), registrato presso Artesuono.
Tracce
Le canzoni erano tante; scritte di notte e di giorno, scritte di getto e di rabbia eppure con fatica, pazienza e poesia; suonate litigando con gli accordi stonati di una chitarra imparata per caso, fatte scivolare sui tasti in bianco e nero di un timido pianoforte; cantate in tempi più o meno lontani, sicuramente sempre e solo non sospetti. Ma erano – comunque – tante, forse persino troppe.
A setacciarle ci ha pensato Glauco Venier, lucidandole per bene dopo un po’ di anni trascorsi in silenzio, nel buio di un cassetto, con la sua mano felice di pianista e di innamorato della musica. Qualunque essa sia.
Tracce nasce così: quattordici canzoni scritte in tempi diversi e da mani diverse, ma tutte associate da una storia comune. Le hanno composte, un po’ assieme e un po’ no, Fabrizio Fabris e Paolo Patui: alcune sono antiche per età (A Occhi chiusi datata 1975, oppure Pescatori di silenzio o Canzone per Udine, concepite tra il 1976 e il ’77), perché immaginate in tempi più giovani, quando il mondo intero stava racchiuso in una canzone; altre sono più recenti, addirittura fresche e giovani (come nel caso di Dietro al bosco, scritta a quattro mani un inverno fa), create a volte separatamente perché gli anni e il tempo hanno dato ai due autori e alla loro musica strade diverse.
Un materiale musicale e poetico ampio da cui è stata prelevata per ora solo una manciata di canzoni, dapprima riviste e corrette dai due autori, poi avvolte nelle colorate sfumature degli arrangiamenti di Glauco Venier, jazzista di assoluto rilievo nel panorama pianistico internazionale, capace di tuffarsi in un mondo di sonorità diverse da quelle frequentate di consueto eppure affrontate e vissute con straordinaria sensibilità e maturità artistica.
Ecco allora che le canzoni scelte trovano in questo CD vita nuova, brillano di luce ammaliante, raccontano la storia intima e personale dei due autori (Canzone per una Moglie, come Frammento, Dalila come pure Buonanotte), ma anche quella di una generazione ancora alle prese con i fardelli ingombranti della storia (Noi). Dimostrano come il jazz e la canzone, la classica o il rock possano convivere senza stridori e dissonanze.
Creano atmosfere rarefatte e intense (A occhi chiusi, come la struggente Ragazze di montagna), altre scherzose e divertite (Scherzo, assieme alle già citate Canzone per una moglie e Dalila), altre marcatamente jazz (Mi hai preso, Canzone per Udine), all’interno di un CD tanto vario e colorato di suggestioni ed emozioni, quanto unico nel rigore stilistico, nella profondità delle scelte musicali, sonore e letterarie.
Gli strumenti sono imbracciati da un manipolo di suonatori non indifferenti: oltre all’irrinunciabile Glauco Venier, al pianoforte e alle tastiere vintage, c’è la melodicissima tromba di David Boato, il sax poetico e impeccabile di Klaus Gesing; e poi a seguire Ricky Chiarion alle chitarre, Luca Colussi alla batteria, Andrea Zullian al basso e al contrabbasso.
Alla voce nuova e giovane, dalla particolare identità, di Federica Santi è affidata la maggior parte delle canzoni; accanto a lei in tre vibranti esecuzioni canta Alessandro Pozzetto.
I suoni sono curati, intensi e profondi come solo Stefano Amerio può e sa fare nei suoi studi ArteSuono.
Il progetto grafico è stato curato con sobria e raffinata eleganza da Gianluca Buttolo.
Tracce, di Fabrizio Fabris e Paolo Patui sono 14 canzoni che trovano linfa in questo lembo di nord-est, perché sono nate, vissute, suonate e cantate in terra di Friuli, ma allo stesso tempo sono piene di sonorità, di parole e di suoni che attraversano ogni tipo di confine e dimostrano con efficacia del tutto nuova che la musica è il linguaggio di un universo vasto, ampio e capace di parlare all’anima degli uomini di ogni dove.